Wednesday 7 January 2009

Una pioggia di guai sul clan Obama

Il neoministro è indagato, sospetti di corruzione su Hillary, rissa sull'Illinois, mutui facili per Dodd
Bill Richardson si dimette, i democratici litigano sul seggio nello Stato dell’Illinois, uno scandalo mutui investe un leader del Senato e Hillary è sospettatadi corruzione: a due settimane dall’insediamento Barack Obama è assediato dai guai. L’arrivo di Obama nella capitale federale, ieri pomeriggio, non avrebbepotuto essere più tormentato. Poco prima che il suo jet privato atterrasse è venuto a sapere che una delle designate stelle della nuova amministrazione,Bill Richardson, aveva «ritirato la candidatura» a ministro del Commercio, ovvero l’incarico che Barack gli aveva assegnato con il duplice obiettivo difargli riscrivere gli accordi internazionali sul libero scambio a vantaggio delle aziende americane e di premiare la comunità ispanica. Ma il sostegnoe l’amicizia di Obama non sono bastati a Richardson per allontanare le ombre di un’inchiesta federale sugli appalti assegnati ad un’azienda privata dalloStato del New Mexico, del quale è governatore. «Ho agito in maniera corretta e l’indagine lo proverà, mi rendo però conto che ciò avrebbe comportato uninsopportabile ritardo nel processo di ratifica da parte del Senato» ha detto Richardson, ritirandosi e ringraziando Obama «per il cui successo prego».Il forfait di Richardson, una stella degli ispanici d’America, impone a Obama di rimettere velocemente mano alla squadra di governo sperando di non doversitrovare in problemi simili sul fronte del Dipartimento di Stato, dove sul designato Segretario di Stato Hillary Clinton è caduta la tegola della rivelazionedel «New York Times» secondo cui nel 2004 si adoperò per far avere al costruttore Robert Congel milioni di dollari di aiuti federali per la realizzazionedi un centro commerciale, con il risultato di vedere lo stesso imprenditore versare poco dopo 100 mila dollari di donazioni nelle casse della FondazioneClinton presieduta dal marito Bill. L’episodio ripropone i dubbi sui conflitti di interesse della ex First Lady e non è difficile prevedere che le audizionial Senato vedranno i repubblicani all’attacco. D’altra parte proprio al Senato la non ancora insediata nuova maggioranza democratica è alle prese con ladisputa interna al partito sull’assegnazione del seggio dell’Illinois lasciato libero da Barack Obama. Il governatore dello Stato, Rod Blagojevich, dopoessere stato arrestato per avere tentato di vendere il seggio al miglior offerente è tornato in libertà su cauzione e, facendo leva sui propri legittimipoteri, ha assegnato il seggio a un nome al di sopra di ogni sospetto: il procuratore generale dell’Illinois Roland Burris, giurista afroamericano moltopopolare. Burris è in arrivo a Washington, dove domani il 111° Congresso aprirà i battenti, ma Henry Reid, capo dei senatori democratici, ha detto chenon lo farà entrare in aula perché «nominato da un governatore corrotto che avrebbe dovuto dimettersi da tempo». Lo scontro è a tutto campo: Burris hadetto che si presenterà all’entrata del Senato con la lettera di investitura di Blagojevich, ma Reid ha dato disposizione di non farlo entrare. InoltreReid ha chiesto al Segretario di Stato dell’Illinois, Jesse White, di non controfirmare l’atto di Blagojevich al fine di renderlo nullo, ma Burris ha denunciatoWhite per non voler compiere «un atto dovuto». Nei talk show domenicali il duello Reid-Burris è stato il tema più gettonato, con Reid che ha ribadito ladeterminazione a «non farlo sedere», dicendosi però pronto a imprecisate «trattative». Burris intanto va avanti e conta sulla mobilitazione della comunitàafroamericana, a cominciare dal reverendo Jesse Jackson che accusa Reid di «non volere afroamericani al Senato». «Forse sarà un caso, ma Reid prima siè opposto alla nomina di Jesse Jackson Jr e ora a quella di Ronald Burris, forse anziché uomini neri vuole donne bianche fra i banchi democratici» accusaun portavoce di Burris. Blagojevich fa capire di voler andare fino in fondo, sfidando a viso aperto Barack Obama che gli aveva chiesto di dimettersi: «Sodi battermi contro chi in questo momento è molto potente, ma dalla mia parte ho quanto c’è di più importante, la verità». Obama aveva proposto come compromessodi affidare la designazione del successore a un’elezione popolare ad hoc, ma sono stati i democratici dell’Illinois a opporsi, temendo che a vincere sarebberostati i repubblicani. Come se non bastasse, trema anche la poltrona di Chris Dodd, l’influente senatore del Connecticut già presidente della commissioneFinanze, oggetto di un’inchiesta per aver ottenuto dal colosso dei mutui Countrywide un prestito a tassi agevolati nel bel mezzo della crisi immobiliareche sta polverizzando le finanze di milioni di cittadini. Ciò che Obama più teme è che la somma del caso Burris con le indagini su Dodd possano portaread indebolire la maggioranza democratica al Senato - 58 a 41 - già priva del quorum anti-ostruzionismo dei 60 seggi e attesa in gennaio dalla difficilebattaglia per l’approvazione del nuovo pacchetto di stimoli economici al quale si legano le speranze di scongiurare la depressione.

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