Friday, 30 January 2009

Le Lilly italiane aspettano - LASTAMPA.it

30/1/2009
Le Lilly italiane aspettano

PIETRO GARIBALDI
Barack Obama, con un atto di grande valenza simbolica, ha dedicato alla parità salariale tra uomini e donne la prima legge della sua presidenza. La nuovalegge, firmata davanti alla tv, è dedicata a Lilly Ledbetter, una lavoratrice della Goodyear che ha scoperto dopo anni di servizio di ricevere una pagainferiore a quella dei colleghi maschi per il solo fatto di essere donna. Per ovvie ragioni storiche, la legislazione sul lavoro negli Stati Uniti è particolarmenteattenta contro ogni forma di discriminazione. In aggiunta, la legge sulla parità salariale era stata una delle questioni più dibattute durante la campagnaelettorale ed è particolarmente cara ai sindacati e alle elettrici che hanno appoggiato in massa Barack Obama.
Quando poi si guardano i dati, si scopre che effettivamente le donne negli Stati Uniti sono pagate circa il 25% in meno degli uomini. Questa grandissimadifferenza non è però di per sé sufficiente a dimostrare che esista davvero discriminazione sul posto di lavoro.
La differenza potrebbe essere dovuta ad altri fattori, quali un diverso grado di istruzione, diversi livelli di esperienza e diverse mansioni. Sarebbe ungrave errore pensare di poter ignorare questi fattori imponendo lo stesso salario a donne e uomini per via legislativa. Tuttavia, il rischio di discriminazioneè serio ed è giusto garantire alle donne ogni possibilità di ricorrere al giudice, come cerca di fare la legge firmata ieri dal presidente Usa.
In Italia si potrebbe supporre che le donne non siano in realtà così discriminate. Mentre sappiamo che l’occupazione delle donne è particolarmente bassa,il loro reddito, quando lavorano, non è molto diverso da quello degli uomini. Se negli Stati Uniti e nel Regno Unito le donne in media guadagnano il 25%in meno degli uomini, in Italia la differenza nel salario medio di uomini e donne è invece solo del 10 %. Si potrebbe quindi ritenere che il nostro mercatodel lavoro renda sì difficile alle donne lavorare, ma tratti in modo relativamente uniforme in termini di retribuzione i lavoratori e le lavoratrici. Inun recente studio Barbara Petrongolo e Claudia Olivetti hanno mostrato che le cose non stanno affatto così. Le poche donne occupate in Italia sono in realtàquelle che sono riuscite a superare una grandissima barriera all’entrata. Sono mediamente molto più istruite e molto più qualificate degli uomini. Le donnepoco istruite o con potenzialmente bassi salari semplicemente non lavorano del tutto. Una volta che si tenga conto di queste caratteristiche di uominie donne occupate, il differenziale salariale in Italia diventa tra i più elevati in assoluto. A parità di istruzione ed età, il differenziale salarialefra uomini e donne è circa del 26 %: gli uomini guadagnano oltre un quarto di più delle donne.
Anche in Italia bisogna quindi tenere la barra alta per cercare di evitare ogni forma di discriminazione sul lavoro tra uomo e donna. Alla luce dei bassitassi di occupazione femminile, si deve innanzitutto facilitare l’entrata delle donne nel mercato del lavoro. Oggi sappiamo benissimo che l’entrata nelmondo del lavoro delle donne, come quella dei giovani, avviene quasi sempre in condizioni precarie, generando un ulteriore elemento di discriminazione.Questi gravi problemi non si risolveranno con un semplice intervento legislativo, ma richiederanno innanzitutto un’economia e un mercato del lavoro increscita. Anche con un’economia in recessione e la disoccupazione che rischia di aumentare, non possiamo permetterci di far finta che questi fenomeni nonesistano. Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa in proposito il ministro per le Pari Opportunità.
pietro.garibaldi@unito.it

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